Donne, Pace e Sicurezza

A oltre vent’anni dalla risoluzione 1325 la strategica presenza delle donne nelle Forze armate ...


Le donne rivestono un ruolo cruciale nelle Forze Armate, dimostrando la loro importanza in particolar modo nei teatri di guerra. Eppure nelle questioni di Pace e Sicurezza Internazionale, a oltre vent’anni dall’approvazione della Risoluzione Onu 1325 su “Donne, Pace e Sicurezza” le donne sono ancora lasciate ai margini dei processi decisionali, lasciando inespresso il loro potenziale. È quanto emerge dal convegno L’impegno della Difesa Italiana per l’agenda “Donne Pace e Sicurezza" organizzato al Comando Operativo di Vertice Interforze (COVI) e dalla discussione durante il Consiglio straordinario sulla sicurezza.

 

Numeri ancora insufficienti 

Nonostante siano presenti in ogni componente del nostro apparato militare, dall’Esercito alla Marina, dall’Aeronautica ai Carabinieri e Guardia di Finanza, e le prime ufficiali abbiano recentemente assunto posizioni di comando, le donne nelle Forze Armate si attestano in Italia solo al 7% del totale, raggiungendo massimo il 12% in altre realtà internazionali. 

A livello diplomatico poi solo il 26,2% del personale totale delle missioni civili dell'Ue nel 2022 è rappresentato da donne e solo il 23,1% degli ambasciatori è donna.

“Il percorso normativo di parità all'interno del dicastero della Difesa è compiuto - spiega Isabella Rauti, Senatrice e Sottosegretaria di Stato alla Difesa intervenuta al convegno al Covi “- mentre gli aspetti dedicati all'integrazione richiedono tempi più lunghi ed il superamento di aspetti e criticità logistiche od operative”. 

Come tutti in settori nel mondo, purtroppo, la parità sostanziale – aggiunge - va conquistata, ribadita e difesa ogni giorno. Quando avremo una donna Capo di Stato Maggiore avremo raggiunto un traguardo ulteriore verso questo processo”.

Nei primi vent’anni della Risoluzione 1325 sostiene Sima Bahous, direttore esecutivo di UN Women intervenendo al Consiglio di Sicurezza - si sono raggiunti importanti primati per l’uguaglianza di genere ma “non abbiamo né modificato in modo significativo la composizione dei tavoli di pace, né l’impunità di cui godono coloro che commettono atrocità contro donne e ragazze”. Alla luce di tutto ciò e dei recenti teatri di conflitto è necessario “un radicale cambio di direzione”. Non bisogna quindi limitarsi a organizzare eventi che promuovano la partecipazione delle donne ma, sostiene Sima Bahous “obbligatoriarla in ogni riunione e processo decisionale in cui abbiamo autorità”, perché le donne sono agenti di cambiamento e devono essere protagoniste dei processi di pace e nei tavoli negoziali. 

 

Presenza strategica 

I dati dimostrano però che nelle politiche di pace, sia attivamente sul campo che nei tavoli decisionali, il valore aggiunto e il potenziale rappresentato dalle donne resta oggi ancora inespresso. 

"Generi diversi esprimono opinioni diverse e suggeriscono strategie e conclusioni diverse - spiega l’Ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, Capo di Stato Maggiore della Difesa intervenendo al Covi - un arricchimento nella definizione di soluzioni creative, pertanto sarà sempre più richiesto fare appello a tutte le energie delle nostre donne, messe a sistema con quella degli uomini per costruire risposte complesse".

Il lavoro svolto dalle donne militari impegnate nelle missioni umanitaria ha dimostrato come il loro ruolo sia fondamentale nella prevenzione e nella soluzione dei conflitti, nel mantenimento della pace e nella ricostruzione post-conflitto. “Le donne sono moltiplicatrici di sicurezza – aggiunge l’Ammiraglio - in quanto sono le sole a poter accedere alla popolazione femminile in culture dove alle donne non è possibile avere relazioni con uomini estranei alla propria famiglia”.

La loro presenza deve diventare sistemica a livello generale nelle questioni di Pace e Sicurezza internazionali affinché si possa parlare veramente di parità di genere e proporre soluzioni che siano inclusive, sostenibili ed efficaci nel tempo perché basate più che sul potere politico o sulle armi, su pratiche di pace tipiche della trasformazione nonviolenta dei conflitti (ascolto, dialogo, mediazione).