Dal fast fashion allo slow fashion perché consumare meglio fa bene a noi e all’ambiente

Le fibre tessili più sostenibili per un guardaroba rispettoso dell’ambiente ...


Consumare meno e meglio: è il diktat che ci impone il Pianeta ormai da diversi anni. Per decenni rimasto inascoltato, nelle ultime generazioni ha però trovato terreno fertile con l’espandersi della consapevolezza green. Dal food al tessile, ogni ambito della vita può essere infatti ecosostenibile. 

 

La filiera del tessile

L’avvento dell’industria prima e del consumismo poi hanno trasformato negli anni il comparto del tessile passando dall’esclusiva produzione di fibre naturali come la tessitura del lino alla produzione smodata di fibre artificiali o sintetiche per rispondere alle esigenze del fast fashion, con conseguenze enormi per il pianeta. 

Lo sfruttamento intensivo dei terreni per la produzione delle fibre naturali di origine vegetale (cotone, lino, canapa, denim), gli allevamenti intensivi per la produzione di fibre di origine animale (lana, seta, cuoio, pelle), ma anche i disboscamenti per la produzione delle fibre artificiali come la viscosa derivata dalla lavorazione della cellulosa del legno o la fibra tessile di bamboo ottenuta miscelando la cellulosa di bamboo con diverse sostanze chimiche, per arrivare poi alle fibre sintetiche ottenute da polimeri a partire dal petrolio (nylon, poliestere, pvc, elastan), l’intera filiera del tessile ha un costo altissimo in termini ambientali

Filatura, tessitura, tintura, stampa e finissaggio, confezione, trasporto e distribuzione, lavaggio e stiro, smaltimento (discarica o inceneritore) o riciclo: ogni fase ha il suo costo. Proviamo  quindi a fare chiarezza sul mondo delle fibre, per essere dei consumatori responsabili. 

 

Fibre tessili sostenibili 

Juta. Tra le fibre tessili di origine vegetale è la più sostenibile e tra le più economiche. Non necessita di fertilizzanti, erbicidi e pesticidi per crescere. Biodegradabili e riciclabili al 100%, bruciata o lasciata nelle discariche non genera gas tossici. Il tessuto in juta ha buone proprietà isolanti e antistatiche, oltre a una bassa conduttività termica e una ritenzione moderata dell'umidità.

Lino. Tessuto naturale resistente e durevole, ottenuto da coltivazioni considerate sostenibile perché richiedono pochissime risorse rispetto, per esempio al cotone, e con un’alta capacità di assorbire CO2. 

Canapa. La coltivazione della pianta ha un impatto molto basso: cresce velocemente, richiede poche risorse e non esaurisce i terreni in cui viene coltivata. Produce inoltre il 250% in più di fibra tessile rispetto al cotone e il 600 in più del lino. Tessuto fresco e morbido, durevole, anallergico è resistente agli acari, allo sviluppo dei batteri, alla muffa, alle termiti e addirittura al fuoco.

Orange fiber. Prima fibra sostenibile e biodegradabile realizzata da una azienda italiana con base a Catania. Dai sottoprodotti dell’industria agrumicola, che rappresentano il 60% del peso del frutto intero e che altrimenti dovrebbero essere smaltiti, viene estratta cellulosa atta alla filatura. 

Pelle realizzata da prodotti di scarto. Una fibra vegana che incarna il concetto dell’economia circolare, nobilitando scarti dell'industria alimentare dall’uva alle mele, dalle fibre e foglie dell’ananas all’acqua di cocco. I tessuti realizzati sono resistenti all’usura e ai raggi UV. 

Seacell. Fibra biodegradabile ricavata dal connubio tra una fibra di cellulosa e alghe marine. Le proprietà benefiche delle alghe restano inalterate durante il processo di produzione della fibra e permangono nel tessuto anche dopo ripetuti lavaggi. Ha caratteristiche igroscopiche: assorbe l’umidità in eccesso e allo stesso tempo la pelle assorbe gli elementi salutari rilasciati dalle fibre. 

Banatex. Fibra estratta dalle piante di banana che non richiede pesticidi per crescere e nessun sistema di irrigazione.  Il tessuto è impermeabile, resistente e durevole, pur rimanendo morbida, leggera ed elastica, la colorazione naturale è bianca, facile quindi da tingere, evitando il candeggio ed è biodegradabile. 

Desserto. Pelle vegana caratterizzata da una grande morbidezza al tatto, è altamente sostenibile perché estratta dal Cactus Nopal ossia il fico d’India, da piantagioni al 100% biologiche senza uso di erbicidi e pesticidi e  nessun sistema di irrigazione. Vengono selezione solo le foglie già mature e la pianta lasciata intatta per permettere nuovamente la raccolta. Tutti gli scarti sono poi venduti all’industria alimentare. 

Lyocell. Fibra sintetica ottenuta dalla cellulosa della pianta di eucalipto lavorata mediante un processo green perché le sostanze chimiche implicate non sono tossiche e vengono utilizzate a circuito chiuso, ovvero riciclate e riutilizzate. Il tessuto impiegato principalmente per lenzuola, asciugamani, denim, biancheria intima è resistente con una buona traspirabilità e assorbimento dell'umidità.

Nylon riciclato. Un filato sintetico derivato dalla rigenerazione di polimeri di plastica riciclata come reti da pesca, tappeti domestici, rifiuti plastici industriali e scarti di tessuti utilizzati dall’industria tessile. Il riciclo prevede un minore uso di risorse energetiche rispetto alla produzione della fibra vergine. Ha le stesse caratteristiche del nylon ma può essere rigenerato, ricreato e rimodellato all’infinito. 

 

Le certificazioni 

Il basso impatto ambientale dei tessuti è dimostrato mediante delle certificazioni: 

  • GOTS: il Global Organic Textile Standard è il più importante standard internazionale per la produzione sostenibile di indumenti e prodotti tessili, realizzati con fibre naturali da agricoltura biologica
  • OCS: Organic Content Standard OCS garantisce invece l’origine biologica, quindi organica, di una fibra tessile. Si applica esclusivamente a tessuti naturali e in particolare al cotone biologico
  • Oeko-tex: certificazione indipendente e volontaria (quindi richiesta dalle aziende) che attesta l’assenza di sostanze tossiche (per l’uomo e per l’ambiente) nei prodotti tessili. 

Consumare in maniera consapevole, acquistando capi sostenibili e di qualità che possano durare nel tempo, preferendo quindi lo slow fashion al fast fashion che dura il tempo effimero di una tenenza, è l’unica vera soluzione per limitare l’impatto ambientale del comparto tessile.